Imboccando le scale, con uno sguardo tra il sognante e il rammaricato, con un filo di voce inviò quel saluto, così banale, così spontaneo da sembrar quasi futile ma che accompagnato da quel bacio leggero, a fil di labbra, condito da quel briciolo di voce che ne esaltava ogni minima sfaccettatura, tornò nel suo mondo. Conosceva benissimo cosa ci stava, seppur compresso fin quasi ad esplodere, in quel suo commiato. Sanciva, quasi come una condanna a morte, il ritorno a faccende ben più gravose, ben più pressanti. Sapevano entrambi che così doveva andare e che non era concesso loro, per il momento, altra soluzione.
Le porte si chiusero all'unisono nello stesso istante fu come premere il tasto ON, o magari il tasto OFF, questo non lo avevano ben capito, e dovevano andare avanti, come da programma.
Come da programma.
Ma non erano macchine. O sì?
Le tende si scostarono e la coltre rivelò un finire del pomeriggio che prometteva serenità.
Una macchia nera, fugace, passò sull'asfalto. Quello stesso asfalto che li univa, che li aveva fatti incontrare, che entrambi avevano percorso, che ora li separava.
Come un prurito dietro la nuca avevano percepito il loro legame affievolirsi ma rimane costante, seppur affievolito.
Cos'era successo? Cosa stava succedendo? Cosa succederà?
Domande a cui era impossibile rispondere se non dopo aver fatto ciò che doveva essere fatto e che era stato da tanto, troppo tempo rimandato.
In fondo, era pur sempre un sicario.

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